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Come il porno ha cambiato la società

Dal crescente consumo di materiale esplicito da parte dei minori alla censura degli algoritmi

Come il porno ha cambiato la società Dal crescente consumo di materiale esplicito da parte dei minori alla censura degli algoritmi

“Come donna, penso che il porno sia una vergogna. Guardavo un sacco di porno, a dire il vero, ho iniziato quando avevo tipo 11 anni. Penso che mi abbia davvero distrutto il cervello", ha dichiarato Billie Eilish allo Howard Stern Show. Se in passato la cantante aveva portato avanti battaglie per sdoganare il tema, oggi è tornata sui suoi passi, sottolineando le problematiche connesse al consumo di porno in età adolescenziale (sessuali, psicologiche e relazionali), unendosi ad un dibattito di cui antropologi, psichiatri e psicologi considerano le contraddizioni da decenni. Secondo le statistiche l'80% della Gen Z segue siti porno e 1 su 4 ha rapporti non protetti, la Middlesex University di Londra in uno studio in collaborazione con la Polizia Postale ha rilevato che a livello globale il 30% dei bambini fra gli 11 e i 12 anni vede pornografia online. Il porno confonde gli adolescenti sul tipo di sesso che vogliono o pensano di dover fare ed è così che i più giovani, incapaci di distinguere tra realtà e finzione per una mancata alfabetizzazione al porno e su come esso si traduca nella vita reale - vengono condannati ad un futuro prossimo di aspettative deluse e insicurezze, ma non solo. Man mano che l’età in cui i bambini hanno libero accesso ad internet si abbassa, BDSM, kink, soft-core, hard-core oltre a creare aspettative sessuali irrealistiche e spesso maschiliste, sembrerebbero alimentare atteggiamenti sessisti, portando gli uomini ad aver minor disponibilità ad accogliere le esigenze dell’altro sesso e a sviluppare il desiderio di dominio, inteso come prevaricazione e aggressività.

Anale, eiaculazione facciale, sesso non protetto e con più partner, deepthroat : questa è l'idea di normalità che accompagna molti adolescenti nelle loro prime volte. Eppure, proprio oggi che il porno è, letteralmente, a portata di mano e la libertà di vivere la sessualità in modo libero è quasi un manifesto generazionale, con OnlyFans e l'iper sessualizzazione della cultura pop, la pelle in mostra non equivale più necessariamente al desiderio. In effetti i livelli di libido sono diminuiti dagli anni 2000 del 20% secondo il National Survey of Sexual Attitudes and Lifestyles e meno della metà della popolazione mondiale lo fa una volta alla settimana, confermando forse il timore che la pandemia avrebbe reso le persone ancora meno capaci e desiderose di relazionarsi agli altri.

L’industria pornografica - che fattura più di 100 miliardi annui - da riviste logore e nastri VHS sfocati, allo streaming HD e alla realtà virtuale, è cambiata enormemente negli ultimi due decenni. Eppure nell’era in cui basta un click per accedere al deep web, sui social network che sono ad oggi il metodo di diffusione culturale per eccellenza, a discapito della stampa e della televisione, paradossalmente, il sesso è un tabù più che mai. Oggi la fotografia di moda e il sesso non vanno più di pari passo. Negli anni scorsi Helmut Newton, Terry Richardson, Juergen Teller, Oliviero Toscani e Mario Testino, all’estetica di American Apparel, alla pubblicità di Gucci in cui i peli pubici di una modella venivano rasati nel logo della "G", alla controversa campagna primavera 2017 di Eckhaus Latta in cui vengono rappresentati atti sessuali nella vita reale, alle iconiche campagne di Wolford o a una Kate Moss svestita e minorenne per Calvin Klein.

Ora invece Sex doesn’t sell, soprattutto perché la diffusione di un contenuto passa dall’algoritmo e spetta all’intelligenza artificiale distinguere tra nudo d’arte e pornografia. Per il rischio di essere censurati dunque ci si autocensura, o peggio, si guarda al prodotto finale già con i limiti della piattaforma su cui dovrà approdare. È stata l'introduzione della pornografia digitalizzata a far sì che le immagini sessuali rappresentate fossero così separate dalla moda? Il risultato di una cultura appiattita, erotizzata e profondamente capitalista in cui l’attrazione sessuale viene canalizzata a fini esclusivamente commerciali, quasi come se al desiderio verso i corpi si fosse sostituito il desiderio per gli oggetti, come nella pornografia. Nel porno l’individuo è soltanto un pretesto, non è più insostituibile e unico, ma è intercambiabile e non si distingue più da un oggetto, un corpo parziale e frammentato che cancella molte delle categorie che caratterizzano il singolo: il sé e l’altro, la libertà e il vincolo, l’accettazione e il rifiuto. La negazione della sessualità e di ciò che essa mette in gioco, ossia l’incontro tra due persone che accettano la condivisione del desiderio fisico e il coinvolgimento di sé.