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Streetstyle designers, focus on: Alessandro Masturzo

Streetstyle designers, focus on: Alessandro Masturzo

 

"...Apprezzo i designer che scendono nelle fabbriche ad apprendere dalle maestranze, che si sporcano con i lubrificanti e ambiscono a conoscere..."

Nel vasto scenario del design industriale italiano, se c'è qualcuno che si distingue questi è sicuramente Alessandro Masturzo. Giovane designer che ha fatto della sua passione prima un lavoro, poi una vera e propria filosofia di vita. NSS ha dato voce alle sue idee.

Ciao Alessandro, raccontaci come è nata la tua passione per il design?.
Nel suo libro il paese dei Mezaràt, Dario Fo ci racconta come i primi 7 anni di vita abbiano forgiato il prosieguo della sua esistenza, richiamando una teoria di Bettelheim. A livello iniziatico la mia passione per il design credo nasca nel garage di mio padre, aggrappato a uno sgabello arancione immerso tra centinaia di attrezzi e utensili, modellatori di idee;  Poi ad architettura ho realizzato che non potevo costruire case in garage e ho scelto un cosmo in scala minore.

Definisci la parola design.
Inteso come design industriale, dovrebbe essere valore aggiunto accessibile a tutti, ossia una fusione coerente di cultura a diversi livelli con una sapiente conoscenza tecnologica. Attualmente però lo vedo come una stoica resistenza poiché in questa società, in generale, vige troppo spesso l'illusione del si può fare senza sapere; Io personalmente sto cercando di capire se sia in grado di fare il designer... e chissà se mai lo capirò. Spero solo che le mie idee  possano diventare artefatti , e in questo tragitto non disdegno la fatica.

Come nasce una tua creazione/collezione?   
Da una visione multilaterale e incuriosita del mondo tutto, che mi porta a scrivere le memorie di Givlivs, il mio psyco-cactus morente, fino a progettare un calorifero leggendo un libro di Alessandro Baricco. Cerco di riflettere su ciò che gli altri trascurano per poi rielaborarlo e restituirlo come informazione usabile e comprensibile; a pensarci bene le fantomatiche idee notturne non sono poi così strane, no?

Quali sono le tue fonti d'ispirazione?
Principalmente i libri. Libri e visione del mondo sono strettamente legati, non lo scopro certamente io; L'educazione all'immaginazione che spontaneamente i libri ci  regalano si riflette nella rielaborazione di ciò che del mondo reale percepiamo, e per me questo binomio causa-effetto è diventato in modo del tutto spontaneo, una  linea direttrice progettuale che mi diverte, appassiona e soddisfa. Queste contaminazioni, unite a filtraggi e processi mentali dovuti alle conoscenze del settore, dal marketing alla filettatura di un foro, fanno evolvere le idee.

Chi sono i tuoi designer preferiti?
A parte i vari Castiglioni, Mari, Munari e i grandi del Design Industriale italiano,  quei designer anonimi che ci hanno lasciato oggetti straordinari senza pretendere alcuna percentuale.  Apprezzo i designer che scendono nelle fabbriche ad apprendere dalle maestranze, che si sporcano con i lubrificanti e ambiscono a conoscere cosa sia un'interferenza in meccanica. Dei contemporanei sicuramente Giulio Iacchetti, il suo progetto design alla Coop è, concettualmente, ciò a cui esattamente alludevo prima.

 

Ci avviamo verso un futuro ecosostenibile ed il tuo lavoro di  rivisitazione di oggetti, decontestualizzando a volte la loro funzione iniziale si inserisce perfettamente in questo contesto. Che ruolo pensi possa avere il design in tutto questo?
In realtà quello è un esercizio di stile per dirla alla Queneau, ma spero di trovare prima o poi la chiave di lettura giusta in ottica industriale. Certo proprio non mi rassegno all'idea che la gente elimini oggetti perfettamente funzionanti, ma questo accade anche perché aziende e designer offrono al mercato oggetti che non fanno più scattare il meccanismo dell'affezione, oggetti nati già con una taglia sulla testa. Allora ritorniamo alla questione del valore aggiunto, del quale  spesso le aziende fanno a meno perché implica pagare un designer.?“Vivere il paradosso insito nel dna del design (da un lato la follia della sua inutilità e dall'altro il suo enorme peso nell'educazione culturale dell'individuo, in questo tipo di società) è già un passo verso una soluzione forse inesistente”. ?I primi a dover fare autocritica siamo proprio noi i designer.

Come è arredata la tua casa?
?Ho sempre vissuto tra mobili antichi, che cedono quel tipo di calore che solo la loro vetusta età può restituire. Ad alcuni non rinuncerei mai, per il resto mi piacerebbe arredare la mia casa con elementi che hanno un valore per me e per chi vivrà tra quelle pareti.

Cosa non dovrebbe mai mancare?
?Visto che lo ho appena progettato, uno sgabello a dondolo; Ma dico un'altalena, a livello simbolico, in rappresentanza di tutti quegli oggetti che ci possono far riscoprire momenti non quotidiani. Ovviamente non dovrebbero mai mancare le librerie, con sopra centinaia di migliaia di milioni di libri.

Ci sveli quali saranno i nuovi trend per quest'anno/per il futuro??
Non ho tutta questa esperienza, non saprei fare una previsione. La crisi, nel male, ha però riproposto delle problematiche forse trascurate, che mi auguro portino verso nuovi approfondimenti e tipologie di prodotti che, sarò ripetitivo, siano nuovamente in grado di far emozionare e affezionare le persone.

Come sai NSS si occupa di fashion e cool hunting, qual'è il tuo rapporto con la moda? ?
Con molta ingenuità direi che non esiste, e se esiste non me ne sono accorto; Ultimamente ho partecipato ad una collettiva a Vicenza e mi si è presentata la possibilità di discutere e colloquiare con alcuni giovani stilisti; ma non avendone approfittato, ho perso sicuramente un'ottima occasione di confronto; questo è un mio limite, ci lavorerò su.

Pensi quindi che la moda ed il design non abbiano alcun legame?
Esistono sicuramente dei punti di avvicinamento, ma fondamentalmente credo siano mondi diversi con diversi presupposti e finalità. La mia personale idea è che la moda appartenga alla sfera del soggettivo mentre il design industriale a quella dell'oggettivo; il problema è la loro commistione a tutti i costi negli ambiti che dell'uno non appartengono all'altro. In un'intervista inerente il suo libro parodie del design, il Professore Renato De Fusco si rammarica della preoccupante deriva del design verso l'arte e la moda, che produce oggetti elitari, non riproducibili industrialmente e quindi non per tutti; e allo stesso modo credo che, forse, quei tentativi di snaturare la moda, come ad esempio imbrigliarla nella riproducibilità, ne tolga il reale fascino sognante, ossia l'unicità.

Grazie mille Alessandro!
Grazie a voi!

Fotografie
MantaRei: Studio Fuoco
?Youngdesignerhome: Emanuele Tortora
SunLab2009: Fierecom