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COS aprirà il suo sito di resell

Dove vendere e comprare i vecchi capi del brand

COS aprirà il suo sito di resell  Dove vendere e comprare i vecchi capi del brand

In questi ultimi mesi si è parlato molto del futuro del fast fashion, uno dei settori più duramente colpiti dall'emergenza sanitaria, complice una situazione pre-esistente già piuttosto drammatica. H&M sembra versare nelle condizioni peggiori, e per ripartire punta ora a strategie nuove e collaborazioni mirate.
Come riportava nss magazine qualche settimana fa, anche COS, altro brand appartenente al colosso svedese, naviga in cattive acque, per via di un modello di business superato e una creatività stagnante. 

Con una mossa alquanto sorprendente, COS ha annunciato oggi che aprirà un sito di reselling, chiamato semplicemente Re-sell, dove sarà possibile vendere e acquistare vecchi capi del brand. Il marchio metterà in vendita una selezione di capi d'archivio, ma in generale la piattaforma è pensata per utenti privati, che qui potranno mettere in vendita - e comprare - vecchi item del brand decidendone il prezzo, mentre COS intascherà il 10% su ogni transazione. COS è pertanto uno dei primi grandi brand ad aprire una piattaforma di reselling per i propri prodotti. 

La questione della sostenibilità 

Nell'annunciare la creazione di questo sito, che sarà online dal prossimo mese, COS ha parlato di un'iniziativa circolare, orientata verso la sostenibilità ambientale e nata con l'obiettivo di allungare la vita dei vestiti. 

Da diversi anni ormai, il gruppo H&M viene duramente criticato per la sua scarsa sostenibilità, in maniera ancora più netta dopo lo scandalo di qualche anno fa sulle tonnellate di merce invenduta che venivano bruciata. Per molti questa iniziativa non sarebbe altro che una mossa pubblicitaria e d'immagine, ma che all'interno della produzione e della vendita di H&M avrà un impatto minimo. Il vero nodo della questione, che H&M è restia a sciogliere, è infatti quello della sovra produzione, causa poi di tutti i problemi di merce invenduta. Non è infatti chiaro se con la nascita di questo sito, e con l'introduzione di questa filosofia circolare, la produzione di COS verrà rallentata o continuerà a viaggiare sugli stessi volumi. Il reselling è inoltre la forma più basica di circolarità, e quella più semplice da adottare, ma da un colosso come quello svedese ci si aspetta una ristrutturazione profonda del modello di business, dal design dei capi alla loro produzione. 

Per far sì che il sito funzioni, infatti, anche COS dovrà necessariamente produrre capi di qualità, che resistano nel tempo, e con un'estetica potenzialmente senza tempo. Il team di designer del brand ha annunciato che entro il 2030 tutti i capi saranno realizzati in materiali completamente riciclati o sostenibili, senza però aggiungere ulteriori dettagli. Sarà in generale una sfida piuttosto ardua per un brand costruito su trend stagionali e abituato ad alternare collezioni diverse ad un ritmo molto veloce. 

Il business del resale

COS è dunque il primo grande brand a lanciare il proprio sito di resale, una mossa molto significativa perché di fatto simboleggia una sorta di via libera, di endorsement del concetto stesso di reselling. Nello sneaker world questo passaggio si è ormai verificato da tempo, si pensi all'investimento di $100 milioni di dollari di Foot Locker nel GOAT Group, la società che controlla i due brand di resale più importanti al mondo, GOAT e Flight Club o all'acquisizione da parte di Stadium Goods da parte di Farfetch per $250 milioni di dollari. Il successo di realtà come TheRealReal e Vestiaire Collective testimonia la crescita del settore, tanto che GlobalData ha previsto che il valore del mercato del resale crescerà dai $24 miliardi del 2018 ai $51 del 2023. 

L'endorsement da parte di COS di questo settore potrebbe aprire il brand ad una nuova fascia di consumatori, mentre allo stesso tempo potrebbe essere lo strumento più indicato per rafforzare e ampliare la propria fan base. Non va però dimenticato che il successo del reselling si basa sull'esclusività dei prodotti, sulla loro scarsa quantità, sul loro essere apparentemente irraggiungibili, in particolare se prodotti da brand con un certo status, tutti elementi antitetici alla natura stessa dell'industria del fast fashion.