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La pandemia segnerà la fine delle pre-collezioni?

La loro eliminazione potrebbe essere il primo passo verso lo slow fashion

La pandemia segnerà la fine delle pre-collezioni? La loro eliminazione potrebbe essere il primo passo verso lo slow fashion

Anche se il periodo intercorso fra la chiusura delle fashion week invernali e oggi ha significato una stasi per la moda, molte voci si sono levate contro il problema della sovrapproduzione che affligge l’industria, con una decisa condanna (più o meno velata) delle disgiuntura fra stagioni della moda e stagioni dell’anno e del sistema delle pre-collezioni:

  • «Basta con le sfilate Cruise in giro per il mondo che presentano idee mediocri, intrattenendo con spettacoli grandiosi che oggi sembrano inappropriati e anche un po’ volgari», ha scritto Giorgio Armani a inizio aprile.
  • Nel comunicato di Saint Laurent di fine aprile si legge: «Saint Laurent non presenterà le sue collezioni nel quadro del calendario ufficiale del 2020 e stabilirà la propria agenda in base a un piano ottimizzato e guidato dai bisogni della creatività».
  • Nel documento Open Letter to the Fashion System, Dries Van Noten, insieme a numerosi altri designer e retailer, ha dichiarato la sua intenzione di normalizzare il calendario della moda e ridurre la sovrapproduzione inutile. Molti dei brand firmatari già non producono collezioni Pre-Fall e Resort.
  • Nella dichiarazione The Fashion Industry’s Reset, il British Fashion Council e il CFDA hanno invitato i brand a non produrre più di due collezioni l’anno e, nel caso in cui una pre-collezione sia necessaria, di evitare uno show e limitarsi a una presentazione in showroom per i soli buyer.
  • Gucci ha annunciato la sua rinuncia alle pre-collezioni e lo svincolamento dal programma delle fashion week tradizionali. Michele ha anche specificato che abbandonerà i nomi usuali delle collezioni definendoli «contenitori che si sono progressivamente staccati dalla vita che li aveva generati, perdendo aderenza con il reale».

Le pre-collezioni, divise in Pre-Fall e Resort/Cruise, hanno ormai assunto la funzione di proposta medio-stagionale per i brand, con il ruolo di riempire il gap lasciato nei negozi quando la merce Autunno/Inverno è andata in saldo ma prima che la collezione Primavera/Estate sia stata consegnata ai retailer.  Il loro ruolo è insomma quello di un filler molto redditizio e non sarebbero nemmeno necessarie se stagioni della moda e stagioni dell’anno fossero riallineate. La loro eliminazione è comunque possibile. Molti dei brand che hanno firmato la lettera aperta di Dries Van Noten, ad esempio, vanno avanti da anni senza produrne, con l’eccezione di Thom Browne. Mentre fra i brand presenti nella top 20 di Lyst già Rick Owens, Jacquemus e Raf Simons, non a caso tutti brand indipendenti con una forte fanbase, non ne hanno nemmeno mai prodotte, con l’eccezione di Jacquemus che ne presentò due nel 2016.

Le pre-collezioni sono sopravvissute grazie ai profitti che generano, in quanto hanno sostituito il prêt-à-porter come abbigliamento comodo e pratico da indossare ogni giorno mentre ciò che si chiama prêt-à-porter si evolve assomigliando sempre più alla couture. L’idea sottesa alle numerose iniziative dei singoli brand e designer citate sopra, ma anche al recente manifesto della FCDA  e British Fashion Council, è quella di lavorare a un nuovo tipo di prodotto che mantenga la sua natura luxury ma possieda una shelf life più lunga e che arrivi nei negozi allineandosi alla stagione metereologica, rimanendo disponibile finchè dura l’esigenza del consumatore finale – un sistema a cui è stato dato il nome di slow fashion. Nome molto appropriato se si considera il forte risparmio di risorse, lavoro, materiali e costi che eliminare le pre-collezioni comporterebbe, dando ai team dei designer lo spazio necessario per lavorare meglio su meno prodotti.

Bisogna eliminarle o no?

Le pre-collezioni sono nate in sordina per soddisfare i bisogni di pochi, ricchi clienti che andavano in vacanza al mare durante l’inverno e sono presto diventate un metodo perfetto per governare gli istinti immediati dei consumatori che desideravano avere prodotto sempre nuovo, fungendo da risposta creativa all’avanzare del fast luxury. Ma la loro stessa ragione d'essere è il sintomo di un problema: un prodotto dalla shelf life più lunga sarebbe di maggior valore e avrebbe di certo un design meno meno serializzato.

Nella fase di sostanziale anarchia che sta oggi attraversando la moda, in cui ciascun brand sta prendendo le decisioni per sé, la cancellazione delle pre-collezioni potrebbe essere una risposta autentica a quello che è forse il principale problema della moda: una produzione sproporzionata rispetto alle esigenze dei consumatori, che va a impattare anche l’ambiente naturale e costituisce per consumatori e produttori un grande spreco di risorse e di denaro.