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Il futuro dello street style

Come sopravviverà uno dei settori più importanti dell'industria alla digitalizzazione delle Fashion Week?

Il futuro dello street style  Come sopravviverà uno dei settori più importanti dell'industria alla digitalizzazione delle Fashion Week?

Nelle ultime settimane si sono susseguiti gli annunci della digitalizzazione di diverse Fashion Week, al momento l'unica soluzione possibile in tempi di pandemia, un'alternativa inaugurata dalle FW asiatiche, le prime duramente colpite dalla pandemia da COVID-19, ed ora adottata anche dalle Settimane della Moda di Londra, Milano e Parigi. Mentre persistono i dubbi su quanto gli eventi digitali possano effettivamente sostituire quelli fisici, va considerato anche un altro aspetto di questi appuntamenti, diventato sempre più centrale negli ultimi anni: lo street style

Con il passare del tempo gli scatti realizzati fuori dallo show hanno assunto un valore sempre più importante, non solo per ragioni estetiche, ma soprattutto commerciali: quegli scatti sono la base di analisi di trend, ricerche di mercato e operazioni di influencer marketing. Alla luce degli ultimi sviluppi, e nel quadro di un settore che ha bisogno e chiede da tempo una ristrutturazione radicale, è giusto interrogarsi su quale sarà il futuro della street style photography. 

 

Un anno di transizione

Si potrebbe riassumere in queste parole il pensiero di molti fotografi di street style verso il futuro della loro professione, saranno mesi difficili, vuoti per certi versi, ma che non segneranno la fine di questo settore nella sua totalità. "Sebbene la situazione sia molto difficile e il futuro incerto per tutti, credo che lo street style sopravviverà alla crisi, perché fa ormai parte dell'industria, di quel circo che è la moda", ha dichiarato a nss magazine Julien Boudet, fotografo di fama mondiale, presenza fissa di show e backstage, oltre che autore dell'ultima campagna di Prada Resort. "La street style photography è uno degli elementi che crea eccitazione e attesa durante le Fashion Week, soprattutto nel consumatore finale e sui social media, per questo sono convinto che supererà la crisi", concorda Jeremy Alvarez, veterano delle FW europee. E' convinta della sopravvivenza dell'industria anche Su Shan Leong, fotografa divisa tra Seoul e Parigi. "La moda di strada ha sempre avuto un impatto sui consumatori e sui trend. Penso che dopo il lockdown le persone usciranno di casa con la voglia di vestirsi ancora meglio, ridando importanza e amplificando tendenze come l'utilizzo di tessuti protettivi e stoffe comode in silhouette strutturate che richiamano la natura." 


Mentre si guarda al futuro, Shezi Manezi, un'istituzione della fotografia della Fashion Week di Londra e stretto collaboratore di diverse testate e brand, ci ricorda che molti dei fotografi che affollano i marciapiedi prima degli show sono dei freelance, professionisti rimasti senza lavoro in queste settimane di lockdown. "Molti di quelli che dedicano la loro vita alla loro passione si trovano a casa adesso, non avere la possibilità di lavorare e creare può essere molto frustrante. Alcuni sono stati costretti a trovarsi un secondo lavoro per sopravvivere a queste settimane. Tuttavia credo ci sia una luce alla fine del tunnel, ma sarà un anno di transizione prima che lo street style torni alla normalità." 

Di diversa opinione è invece Antoine De Almeida, nome molto noto tra le fila della FW europee, che sostiene invece che la pandemia porterà ad un declino della street style photography, già iniziato negli ultimi mesi. "Penso che il grande pubblico abbia perso interesse. Lo street style è passato da una disciplina in cui i fotografi immortalavano insider dell'industria e professionisti del settore che si vestivano in modo interessante e innovativo, uno stile autentico e che rifletteva il loro gusto, a fotografare solo influencer finti con indosso abiti di brand ottenuti grazie ad agenzie di PR. Credo che l'epidemia da COVID-19 abbia accelerato la perdita di interesse verso questo mondo, almeno per un po', perché è diventato tutto troppo falso." 

Un’alternativa digitale

Sono ormai molte le maison di moda che in queste settimane di lockdown hanno sperimentato con FaceTime e Houseparty per realizzare shooting home made. Con la digitalizzazione di molti eventi, come ad esempio il Met Gala, viene da chiedersi se sia possibile un futuro digitale anche per lo street style. 

Se per Jeremy Alvarez si tratterebbe di un'alternativa quanto meno ''complicata'', e Alexandre Gaudin, uno dei fotografi di moda e street style più apprezzati al mondo, ironizza sul fatto che servirebbe un drone per farlo, in generale c'è un'apertura verso soluzioni creative che permettano di continuare a lavorare nonostante tutto.
Raimonda Kulikauskiene, fotografa di street style a Copenhagen, Londra e Parigi, si mostra ottimista in questo senso. "Penso che tutti i fotografi di street style in questo momento si stiano interrogando sulle alternative digitali che abbiamo davanti. Ci sono sempre più brand che prediligono l'online e sperimentano con la realtà virtuale, quindi naturalmente mi chiedo se sia possibile anche per noi. Credo ci saranno nuove opportunità e nuove angolazioni da considerare alla fine della pandemia." Negli ultimi giorni Boudet ha realizzato diversi shooting su FaceTime e HouseParty, e si dice aperto all'idea di esplorare un digital street style. 

Per Su Shan Leong e Antoine De Almeida, infine, sarebbe molto difficile, se non impossibile, replicare digitalmente momenti speciali come quelli della Fashion Week senza sperimentarli in prima persona. 

Una ristrutturazione necessaria

Una cosa su cui tutti i fotografi intervistati da nss magazine concordano è la necessità assoluta di una ristrutturazione profonda del Calendario delle Fashion Week e dell'attuale modello dell'industria. La decisione di Saint Laurent di slegarsi dal Calendario ufficiale è stata accolta da tutti con grande favore. 

"Ho sempre pensato che ci fossero troppe Fashion Week, troppi brand... Dobbiamo cambiare questo sistema, servono meno collezioni ogni anno (basta con le Cruise Collections ad esempio), e meno show in generale; questo è il mio punto di vista da fotografo, un'opinione che potrebbe anche essere dannosa per il mio lavoro" ammette Julien Boudet. 
"Tantissime persone vorrebbero tornare a un modello più semplice; solo due collezioni all'anno, niente più collaborazioni senza senso, basta con merch inutili... Anche se tutto questo mi sembra ancora molto utopico. C'è sempre potenziale per crescere, ma ci sono troppe variabili in gioco perché i brand abbandonino del tutto questo tipo di Fashion Week, parlo di acquisizione di nuovi clienti e in generale soldi", gli fa eco De Almeida, che continua: "Sono pessimista, ma è un sistema corrotto, se non cambiano le persone che stanno al vertice non cambierà mai niente." 

"E' il momento di ripensare e mettere in discussione tutto. Invece delle passerelle avremo interviste online, podcast e showroom digitali. Immagino però che molti brand potrebbero non essere pronti in tempo e dovrebbero rimandare le loro presentazioni. In generale penso che la maggior parte delle case di moda invece di spendere soldi per grandi e spettacolari set, opterà per show più piccoli, invitando solo gli ospiti essenziali" aggiunge Shezi Manezi. 

Parlando di digitalizzazione torna in primo piano un'altra questione che ha tenuto banco negli ultimi mesi nel mondo della moda, quella della sostenibilità. Secondo Su Shan Leong "è fantastico che i brand riconsiderino la questione della sostenibilità e dell'impatto delle Fashion Week sull'ambiente. Capisco che le Settimane della Moda siano un momento molto importante dal punto di vista del marketing, ma credo che questa pandemia sarà un catalizzatore di cambiamento che i brand dovrebbero considerare attentamente." Sulla stessa linea anche Jeremy Alvarez: "Penso che questa crisi sia l'opportunità perfetta per interrogarsi sullo stato attuale della moda. La questione della sostenibilità è sul tavolo da anni e i cambiamenti fatti finora sono stati minimi. La digitalizzazione potrebbe essere una buona soluzione per rendere le Fashion Week più sostenibili. Tuttavia, non credo che le settimane della moda saranno mai totalmente digitali. Gli show e l'attenzione che attirano su una città (esposizione, opportunità lavorative, turismo..) rappresentano un grande vantaggio economico e non credo che l'industria sia pronta a rinunciarci. Per il momento credo che ci si limiterà ad unire le FW femminili e maschili, più che altro per ragioni economiche." 

Nella visione di Raimonda Kulikauskiene quello raggiunto è un equilibrio molto precario tra creatività e puro business. "Scattiamo quasi tutti le stesse ragazze ogni anno e sono sempre vestite dagli stessi brand. So che anche loro lavorano molto e che cercano di essere creative, ma per noi non è un lavoro facile. Gli stessi brand spendono tantissimi soldi e usufruiscono di moltissime risorse per dare vita a show giganteschi, e credo che dovrebbero farlo più oculatamente. Allo stesso tempo però è una catena, siamo tutti collegati, e dobbiamo esserlo per guadagnarci tutti. Non è così facile cambiare." 

Infine Alexandre Gaudin ritiene invece che la Fashion Week verrà ripensata solo finché la pandemia non sarà passata. "Sul lungo periodo penso che si tornerà alla classica Settimana della Moda, perché è un'ottima opportunità per riunire tutti i player dell'industria."