Vedi tutti

5 casi di cronaca nera che hanno sconvolto il mondo della moda

Quando la passerella si tinge di sangue

5 casi di cronaca nera che hanno sconvolto il mondo della moda  Quando la passerella si tinge di sangue

Che la moda abbia lati oscuri è cosa nota, ma esistono alcune pagine della sua storia più nere di altre. Il fashion system possiede una lunga lista di tragiche morti. Alcune di queste sono suicidi come nel caso di Alexander McQueen e Kate Spade, entrambi impiccatisi nelle rispettive case; altre sono incidenti inattesi, come quella del fondatore di Blumarine, Gianpaolo Tarabini Castellani, ucciso in Zimbabwe da due elefantesse durante un safari o i fatali schianti automobilistici di Nicola e Francesco Trussardi. Ma alcune di queste morti sono diventate veri e propri casi di cronaca o per l’alto profilo dei personaggi coinvolti o per il mistero che le avvolge.

Qui di seguito sono elencati i cinque episodi più celebri e violenti in cui la tragica realtà della morte irruppe nel mondo ovattato delle passerelle, della ricchezza e delle riviste patinate.


Il delitto Versace

La storia del delitto Versace è celeberrima. La mattina del 15 luglio 1997, Gianni Versace sta rientrando nella sua opulenta villa di Miami dopo aver comprato alcuni giornali in edicola durante una passeggiata su Ocean Drive. Di solito lo stilista mandava un assistente a comprare i giornali ma quel giorno scelse di recarsi in persona. Mentre saliva i gradini che portavano al suo cancello, due colpi sparati da una Taurus PT100 calibro 40 lo centrarono alla nuca. Alle 9:21 di quella stessa mattina, Versace venne dichiarato morto in ospedale. Vicino al luogo del delitto, la polizia trovò l’auto rubata di William Reese, il custode di un cimitero ucciso da Andrew Cunanan, un violento spree killer (che è leggermente diverso da un serial killer, in termini criminologici, in quanto le uccisioni avvengono in un breve lasso di tempo in due o più luoghi diversi) che si trovava già sulla lista dei  più ricercati dall’FBI. Scatta la caccia all’uomo, senza risultati. Otto giorni dopo, il cadavere di Cunanan verrà ritrovato al secondo piano di un battello. Si era apparentemente ucciso con la stessa pistola usata per sparare allo stilista e a un’altra delle sue vittime.


Patrizia Reggiani e l’omicidio Gucci

1995. Milano, Via Palestro, 20. Maurizio Gucci, ex presidente della maison, sta entrando in ufficio. È ancora nell’androne quando un uomo esce dalla Renault Clio verde parcheggiata dietro di lui, estrae una calibro 32 e spara tre volte. Due pallottole centrano la schiena, una il gluteo. Maurizio Gucci si accascia a terra, ancora vivo, quando l’uomo spara un quarto colpo, questa volta mirando alla tempia sinistra, uccidendolo. Partono le indagini. Dopo aver scartato varie ipotesi, gli inquirenti pensano a un motivo passionale e guardano a Patrizia Reggiani, ex moglie del milionario. Non ci sono prove e le indagini proseguono a vuoto per due anni. Poi arriva voce alla polizia che un pregiudicato di nome Ivano Savioni si è vantato dell’omicidio. Quest’ultimo si rivela essere amico di Pina Aurimma, una cartomante vicina alla Reggiani e spesso ospite nel suo attico in San Babila. Intercettando i telefoni di lei, i due complici confessano praticamente da soli, implicando nel delitto anche Patrizia Reggiani come mandante. La Reggiani finì nel carcere di San Vittore condannata a 26 anni, ma uscì nel 2018 dopo 18 anni. Con lei, restarono incarcerati tutti i suoi complici.


La scomparsa di Vittorio Missoni

Per molti mesi nessuno seppe cosa fosse accaduto a Vittorio Missoni, sua moglie, una coppia di amici e due piloti. Nel gennaio del 2013 erano tutti saliti su un vecchio aereo da turismo, un Britten-Norman Islander, e avevano preso il volo da Los Roques, un arcipelago a largo del Venezuela, diretti a Caracas. Non giunsero mai a destinazione. Per sei lunghi mesi l’aereo e i suoi passeggeri vennero cercati invano. Erano davvero spariti nel nulla. Nessuno aveva idea di dove trovarli finché una nave americana, la Sea Scout, equipaggiata per la ricerca oceanografica e in cerca di un altro aereo scomparso nel 2008, non identificò, a 900 metri sotto il livello dell’acqua, la sagoma di un aereo che venne in seguito riconosciuto grazie al numero seriale. Vennero recuperati cinque corpi nel relitto, e se quello della moglie dello stilista e dei due piloti vennero identificati, quello di Vittorio Missoni non venne mai identificato. Per aggiungere un epilogo di mistero alla vicenda, una borsa appartenente allo scomparso venne ritrovata sull’isola di Bonaire, a quasi 180km di distanza dal luogo dello schianto e molto più a est rispetto alla rotta tenuta dall’aereo. Di Missoni, non si seppe più nulla.


La Smith & Wesson di Terry Broome

Nella Milano degli anni ’80 l’edonismo era nell’aria. Il più edonista di tutti era Francesco d’Alessio, ereditiere e playboy, habitué del Nepentha. Sono le quattro del mattino nella sua casa al piano rialzato di Corso Magenta, 84 quando alla porta si presenta Terry Broome, una modella di 26 anni con cui d’Alessio aveva avuto relazione finita male, dopo la quale il playboy aveva iniziato a infamarla come promiscua e drogata, spesso umiliandola in pubblico e molestandola sessualmente. I due vanno in camera da letto, si mettono a battibeccare e bere un bicchiere di whisky dopo l’altro, a un certo punto salta fuori anche la cocaina. D’Alessio vorrebbe andare a letto con Terry, ma lei non vuole. Poi le parole fatali: “Se non ti basto io, posso chiamare degli amici”. Alludendo a un episodio abbastanza osé avvenuto in una villa brianzola, frequente setting per le orge della Milano Bene. Inizia il litigio, d’Alessio continua a insultarla con crudeltà e la Broome, esasperata, estrae una Smith & Wesson calibro 38 special dalla borsa e spara due volte. Ancora vivo d’Alessio si trascina fuori dalla camera da letto dove un’altra modella lo aspettava in salotto. Davanti agli occhi terrorizzati della giovane, Terry Broome emerge dalla camera da letto, pistola in mano, e finisce la sua vittima con altri tre proiettili. Il processo che seguì, che scoperchiò il sordido sottobosco della Milano da Bere alimentato da sesso e cocaina, si concluse bene per la Broome che ottenne la semi-infermità mentale e, grazie alle riduzioni di pena, scontò solo due anni in mezzo in carcere prima di tornare negli Stati Uniti, dove si ritirò a vita privata.


Morte di una Playmate

Dorothy Stratten è giovane e bellissima. A 18 anni si trasferisce dal gelido Canada a Los Angeles dopo che un magnaccia locale, Paul Snider, con cui finirà anche per sposarsi, invia a Playboy delle foto che la fanno notare da Hugh Hefner in persona. A un anno di distanza, Dorothy è diventata Miss Agosto 1979, lavora come coniglietta nel leggendario Playboy Club di Los Angeles e Hefner, che ha grande fiducia in lei, promuove la sua carriera di attrice procurandole piccole parti televisive in attesa della grande occasione. Né a Hefner né agli amici di Dorothy piace Snider, sgradevole figura di piccolo criminale, che, dopo il divorzio da Dorothy, diventa un vero e proprio stalker. Nel 1980 Dorothy sta per fare il grande salto: è eletta Playmate dell’anno e il suo nuovo fidanzato, il regista Peter Bogdanovich, sta per renderla protagonista di un film di alto livello. Ma Paul Snider, in preda alla depressione, la perseguita e continua a vederla con la scusa delle pratiche del divorzio. La sera del 13 agosto del 1980 la coinquilina di Dorothy torna a casa, vede le auto parcheggiate e pensa che lei e Snider si siano riconciliati e siano ora in camera da letto. Nel frattempo le ore passano, nessuno esce dalla camera. La ragazza va a controllare e scopre i cadaveri nudi di Dorothy e di Snider in camera, un omicidio-suicidio portato a termine con un fucile a pompa. Dorothy aveva appena vent’anni, il punto d’ingresso del proiettile calibro 12 era poco sopra l’occhio sinistro, il corpo presentava segni di violenza.