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Il reggiseno sportivo Nike che ha cambiato la storia del calcio e della moda

Quello indossato da Brandi Chastain durante un'esultanza ormai iconica

Il reggiseno sportivo Nike che ha cambiato la storia del calcio e della moda Quello indossato da Brandi Chastain durante un'esultanza ormai iconica

Quando sento parlare di reggiseni sportivi e di calcio femminile c’è una sola immagine che puntualmente mi viene in mente, tutte le volte, senza eccezioni. Chiara nella mia testa si materializza la scena di Sognando Beckham in cui Keira Knightley indossa un top sportivo blu scuro di adidas durante l’allenamento su un campo da calcio. Nonostante il fisico esile della giovane attrice inglese, non propriamente quello di una calciatrice professionista, quel top indossato con dei pantaloncini da calcio bianchi e degli scarpini neri aveva già il sapore di una conquista: c’era una donna su un campo da calcio, e non indossava una maglietta oversize, ma un top aderente, non nascondeva il proprio corpo, lo mostrava. 

Se in quel film del 2002 Keira giocava a calcio con un top sportivo il merito è anche di Brandi Chastain e al momento che ha segnato non solo la storia del calcio femminile, ma dello sport femminile in senso lato. 

10 luglio 1999, Pasadena, California, finale del Mondiale di Calcio Femminile, si gioca Stati Uniti - Cina davanti ad un pubblico di oltre 90 mila persone, l’evento più seguito nella storia del calcio femminile. A tirare il rigore che deciderà l’esito della finale si avvicina al dischetto Brandi Chastain, 31enne difensore e centrocampista della Nazionale statunitense, considerata una delle giocatrici più forti nella storia di questo sport. Chastain è nervosa, in porta per la Cina c’è Gao Hong che qualche mese prima le aveva già parato un tiro importante. L’allenatore della squadra statunitense suggerisce alla Chastain di tirare con il piede sinistro, nonostante lei non abbia mai tirato un rigore con questo piede in nessuna partita, figuriamoci durante la finale di un Mondiale. L’allenatore vuole puntare sull’effetto sorpresa, spiazzando il portiere cinese. Chastain l’asseconda. Brandi segna e gli Stati Uniti diventano le campionesse del mondo

Appena il pallone tocca la rete della porta, in un gesto totalmente istintivo e spontaneo, Chastain si toglie la maglietta, la fa roteare sopra la testa, prima di inginocchiarsi sull’erba con i pugni chiusi gridando un liberatorio ‘Yes’. Brandi rimane così, esultante e gioiosa, con indosso un reggiseno sportivo nero con un piccolo logo di Nike. Togliersi la maglia era un’esultanza molto diffusa tra i calciatori uomini - una prassi ormai proibita - ma che fatta da una donna scatenò reazioni molto diverse, ma tutte molto forti. 

Fin da subito c’è chi accusa Brandi di voler spostare l’attenzione dal gioco al suo corpo, chi trova il gesto inappropriato, indecente, irrispettoso, quasi offensivo, come a voler dire ‘Non è da signorina mostrare il reggiseno in campo'. La portata comunicativa ed estetica di questa esultanza, però, non ha precedenti, e proprio per questo diventa iconica. A festeggiare sul campo c’è una donna orgogliosa della propria performance e soprattutto del proprio corpo, atletico, statuario, frutto di impegno e sacrifici. 

Non avevo idea che quella sarebbe stata la mia reazione. E’ stata veramente naturale, pazzesca, quasi un sollievo, un concentrato di gioia e gratitudine.

L’immagine di Brandi Chastain inginocchiata a terra senza maglietta entra immediatamente nell’immaginario collettivo, quello che è stato il momento più bello della sua vita su un campo da calcio, secondo le sue stesse parole, conquista la cover di magazine come Newsweek, Sports Illustrated e Time Magazine, corredati da titoli come Girls Rule!, Yes!, What a Kick!

Forse ancora più di Brandi, il protagonista della sua esultanza è stato quel reggiseno sportivo nero di Nike. Durante l’intervallo Brandi era tornata nello spogliatoio proprio per cambiare reggiseno, dato che era molto sudata. La calciatrice sceglie un top nero con un piccolo Swoosh Nike sulla parte alta sinistra. Molti hanno visto la spettacolare esultanza come un’operazione di marketing messa in piedi proprio da Nike. Brandi era un difensore, però, nessuno avrebbe potuto prevedere che sarebbe stata lei a segnare un goal così decisivo; e fosse stata davvero un’operazione commerciale, Nike avrebbe sicuramente scelto un prodotto con un logo più appariscente. Al di là delle connotazioni commerciali, l’immagine di quel reggiseno sportivo segna un cambiamento epocale nella percezione degli item sportivi: l’inner wear diventa outer wear, quello che prima si indossava nascosto sotto altri vestiti ora diventa protagonista assoluto. 

Quando si è tolta la maglietta è come se avesse detto che era accettabile mostrare il reggiseno, ha cambiato le regole. - Marshal Cohen, senior retail analyst del NPD Group. 

Nei mesi successivi la vendita di reggiseni sportivi cresce del 26%, un aumento senza precedenti. 

Qualche giorno fa Mark Parker, CEO di Nike, ha dichiarato che per la prima volta nella sua storia il brand di Beaverton è il più grande venditore di reggiseni in Nord America. Un risultato così importante è imprescindibilmente legato a quel pomeriggio del ’99: Nike è stato il primo brand ad intuire che la comodità poteva e doveva convivere con un’estetica bella, che sia le atlete che le donne normali che si allenavano avrebbero voluto sfoggiare. 

Nel corso degli anni il reggiseno Nike indossato da Brandi è stato esposto nei musei, è finito sulla copertina di diversi libri, è stato al centro di infiniti dibattiti, ma ora è custodito in una cassettiera a casa della calciatrice oggi 50enne, che alle volte, quando è indietro col bucato, lo indossa ancora. Non è un cimelio, ma un simbolo attivo di cosa significhi empowerment femminile.

L'esultanza di Brandi Chastain ha indubbiamente segnato la storia del calcio femminile, che in queste ultime settimane è stato investito da un interesse e un'attenzione senza precedenti in occasione dei Mondiali di Calcio Femminile, di cui si giocherà la finale Stati Uniti - Paesi Bassi domenica 7 luglio. Viene naturale chiedersi se il gesto di Brandi oggi scatenerebbe lo stesso tipo di reazioni, se ancora facciamo fatica a guardare un corpo femminile senza connotarlo sessualmente, e se continuiamo ad incappare in una visione bigotta e anacronistica.