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Astroworld Italia: il nuovo legal fake

Il merchandising del tour di Travis Scott sembrerebbe essere vittima delle violazioni sul copyright

Astroworld Italia: il nuovo legal fake Il merchandising del tour di Travis Scott sembrerebbe essere vittima delle violazioni sul copyright

Qualche giorno fa un utente di LacedUp Community ha postato una foto, scattata in uno store della famosa catena Urban Jungle, che vende sneakers e streetwear, di un cappellino molto simile a quello presente nel merchandising del tour di Travis Scott "Astroworld - Wish You Were Here", iniziato lo scorso novembre. Sulla community si è creato subito un dibattito su come fosse possibile che quel merch venisse venduto in una catena come Urban Jungle, gettando i primi sospetti sul fatto che si possa trattare o meno di un nuovo potenziale caso di legal fake.
Astroworld è comparso anche in altri negozi rinomati, tra i quali BLACK BOX, che ha annunciato la distribuzione attraverso un comunicato sul proprio sito. Non c'è alcuna certezza che si tratti del merchandising ufficiale di La Flame, e visti alcuni precedenti potremmo trovarci davanti a un nuovo caso di legal fake brand, che si aggiunge alla lista dei marchi che stanno combattendo battaglie legali per ottenere i diritti esclusivi e la proprietà intellettuale sui propri prodotti, i quali a causa di dettagli burocratici non possono essere soggetti a tutela. Stiamo seguendo con attenzione il caso di Supreme e Supreme Italia da ormai diverso tempo, così come vi abbiamo raccontato la storia di Fuct e del suo fondatore Erik Brunetti, quella di Boy London circa 2 anni fa e di Kith.
Proprio perchè non stiamo parlando di un brand vero e proprio che potrebbe non essere tutelato legalmente, non possiamo parlare di falso contraffatto, bensì di una sorta di imitazione. Un modo abile di giocare con il significato di copyright, sfruttando la limitatezza delle collezioni come meccanismo per attrarre l'attenzione di un pubblico insoddisfatto dei drop inaccessibili, e soprattutto con un prodotto facilmente replicabile.

È possibile quindi che Travis Scott, artista ultraplanetario droppi il suo merch in una catena con focus sul sud Italia, Spagna, Malta e Marocco, o in una realtà nuova e relativamente piccola come BLACK BOX, invece che in realtà come Dover Street Market?

Nell’agosto dello scorso anno, durante la settimana del lancio del disco, Travis aveva rilasciato la collezione dividendola in 9 drop in edizione limitata, disponibili online solo per 24 ore o venduti successivamente in Pop Up store temporanei, come quelli di New York e Los Angeles dello scorso marzo.
L’album, il terzo in studio per Travis, dall’uscita agli inizi di agosto ha ottenuto 4 dischi di platino, accompagnati da una collezione composta da 28 capi realizzati insieme al direttore creativo Corey Damon Black. La linea era completa, con tee, hoodie, crewneck, adesivi e accessori di ogni genere, con grafiche richiamanti slogan come “Out of this world”, “Whish you were here” o “Thrills and chill”. I prezzi variavano dai 13 euro del CD ai quasi 400 per la denim jacket, l’item più costoso della collezione. Su StockX il prezzo delle maglie si è raddoppiato rispetto ai 40€ iniziali, così come per le hoodie, che da una base di 80/100euro sono arrivate fino a oltre i 250. 
Il dubbio a questo punto è che Travis Scott, nonostante la portata dei suoi progetti, non abbia registrato il nome del suo tour, o ancor più probabilmente che non abbia il completo controllo dei diritti del nome “Astroworld”, essendo un vecchio parco divertimenti di Houston – città natale di La Flame - dismesso nel 2005  per far posto a una serie di palazzine.

L’item che ha sollevato una accesa discussione su Laced Up Community è lo snapback. Oltre alla forma del cappello e ai colori dei ricami palesemente diversi, ipotizzare che si tratti di un imitazione si spiega con un pochi ragionamenti logici. Prima di tutto, a differenza del Made in US dei prodotti del tour, sull’etichetta compare l’indicazione Made in Italy, un fatto alquanto strano, persino pensando a una eventuale concessione da parte dell’etichetta Cactus Jack della produzione per un tour europeo, improbabile e mai annunciato ufficialmente. Questo porta a pensare che i prodotti venduti in Italia non siano quelli che si potevano comprare ai concerti. Un artista come Travis Scott, tra i più influenti a livello mondiale, quale interesse economico o di immagine avrebbe a produrre merchandising in Italia e a rivenderlo solo nel nostro paese? Risposte convincenti non si trovano e soprattutto non si riuscirebbe a spiegare come mai la distribuzione sia stata affidata, senza annunci ufficiali o eventi, a questa fantomatica DDR, come citato su Laced Up, di cui non si trova alcuna traccia in rete. 

La limitatezza e la forte richiesta di prodotti anche in Italia, in cui La Flame non ha fissato nessuna data del tour e in cui con molta probabilità non ha registrato il brand, potrebbe aver portato alla nascita di un nuovo fenomeno di legal fake.
Non è la prima volta che ad essere colpito è una collezione celebrativa di un tour, è infatti accaduto anche per il merch di Yeezus, il tour del 2013 di Kanye West. Ancora oggi, a distanza di quasi sei anni, vengono vendute in piccoli medi negozi le maglie e le felpe che utilizzavano l'immaginario grafico creato da Wes Lang e che avevano contribuito a lanciare il trend delle rock band tee di qualche anno fa.
Potrebbe quindi esistere un nuovo Astroworld, che non è quello acquistabile ai concerti ma che dal punto di vista legale in Italia è per ora inattaccabile, quindi legittimo?
Seguendo quanto già fatto da altre realtà, Astroworld Italia andrebbe a colpire il terreno fertile delle limited edition, le quali lasciano aspettative e richieste non soddisfatte dalle scarse quantità e dalla competitività nella corsa al cop. Non aver mai visto fisicamente un capo della collezione Astroworld ha portato, come nel caso di Supreme, a credere nel miraggio dell’oasi rappresentata dai legal fake, che si presentano una volta che la community ha acquisito familiarità con i brand, recuperandone il vocabolario di simboli e valori. I big brand del lusso fronteggiano questo problema da molto tempo, prima ancora di quelli streetwear, che si trovano coinvolti in questa nuova avventura, mentre in passato si erano trovati proprio dall'altro lato della medaglia in quanto erano stait i primi a rilavorare sui loghi dei brand più popolari. In ogni caso troppe domande restano senza risposta, pertanto non ci resta che aspettare ulteriori sviluppi e capire se davvero avremo un nuovo caso di legal fake.