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Terry Richardson non lavorerà più con Condé Nast

Terry Richardson è il nuovo Harvey Weinstein?

Terry Richardson non lavorerà più con Condé Nast Terry Richardson è il nuovo Harvey Weinstein?

La notizia, confermata ufficialmente, arriva dal Telegraph: Terry Richardson non collaborerà più ad alcun progetto con Condé Nast Publications.

Lo afferma in una e-mail James Woolhouse, vicepresidente esecutivo e direttore operativo della casa editrice famosa per magazine come Vogue e Vanity Fair:

“Condé Nast non lavorerà più con il fotografo Terry Richardson. Tutti i servizi che sono stati già commissionati o che sono stati completati, ma non ancora pubblicati, dovranno essere soppressi e sostituiti con altro materiale con effetto immediato”.

Nessuna motivazione, ma la decisione è, senza dubbio, conseguenza di una nuova ondata di accuse di sfruttamento sessuale a carico del fotografo.

Sì, una nuova ondata, perché da diversi anni l’uomo è bersaglio di accuse e denunce.

La prima risale al 2005, quando la modella romena Gabriela Johansson lo denunciò per averla obbligata a denudarsi completamente (da contratto doveva togliersi solo il top) durante uno servizio fotografico avvenuto due anni prima e per aver pubblicato quell’immagine; seguita nel 2008 dalla stylist Anna del Gaizo che accusò il cinquantaduenne di averle premuto in faccia il pene.

L’impatto negativo più forte all’immagine pubblica di Richardson arriva nel 2010 ad opera di Rie Rasmussen. La modella definì il comportamento di Terry “completamente degradante” verso le donne e lo accusò di “scoparle solo perché aveva una macchina fotografica”. Pochi giorni dopo toccò a Jamie Peck raccontare di essere stata molestata e costretta a masturbare il fotografo.

Da qui in poi nel corso degli anni la star della fotografia è diventata il soggetto di molti racconti di donne molestate, tanto da venir definito “maniaco sessuale con la macchina fotografica”, “il vergognoso segreto della moda” per The Guardian per Wonkette “il prossimo più grande pezzo di merda americano”.

Addirittura nel 2013 una ragazza britannica pubblicò su Change.org una petizione per chiedere alle aziende e alle riviste di moda di non lavorare più con quel “molestatore sessuale e fissato dalla pornografia”.

Il risultato di tutte queste critiche negative?

Nessuno o, meglio, solo uno: aver aumentato esponenzialmente la fama e la quantità di lavoro di Richardson.

Partito nei anni '90 come parte del movimento “heroin chic”, è diventato uno degli artisti più richiesti e pagati; mentre, parallelamente, il suo stile ha preso una deriva sempre più sessuale ed esplicita, perdendo un po’ alla volta l’elemento giocoso degli esordi.

Oggi Terry è famoso per posare accanto a modelle vestite come lui con occhiali, camicia a quadri e pollice alzato, ma, soprattutto, per immortalare le ragazze nude, nudo a sua volta (a suo dire per mettere tutte più a loro agio).

Figlio d’arte, suo padre Bob Richardson era anch’egli un fotografo di moda per le riviste più prestigiose, ha realizzato campagne pubblicitarie per Supreme, Yves Saint Laurent,Valentino, servizi fotografici per Vogue, Rolling Stone o GQ, ha curato il calendario Pirelli nel 2010, pubblicato diversi libri e diretto video pop famosi come Wrecking Ball per Miley Cyrus.

Il tutto giocando con le accuse ricevute e continuando a rilasciare dichiarazione provocatorie come quella del 2007 “non conta chi conosci ma a chi fai pompini. Non è che ho un buco nei jeans per niente”.

Così non stupisce la reazione della Condé Nast, dopo che domenica scorsa il giornale britannico Sunday Times si era chiesto perché il mondo della moda continuasse a lavorare con Richardson, viste le ripetute accuse di molestie: il post Instagram di un lavandino con un cartello con su scritto:

“Temporaneamente fuori servizio. (Viviamo in un mondo in rovina). Ripareremo il guasto il prima possibile”.

Si può pensare che Richardson sia la versione del mondo della moda dello scandalo che ha colpito Hollywood, Harvey Weinstein, accusato anch'egli di stupro da oltre 40 donne.

Dopo l’emergere del caso Weinstein, le modelle Cameron Russell ed Edie Campbell, insieme alla giornalista Caryn Franklin che denunciò per prima Richardson nel 2013, hanno lanciato l’hashtag #MyJobShouldNotIncludeAbuse, invitando a raccontare storie di abusi nel mondo della moda, e l'hashtag popolare in Italia, #quellavoltache.

La speranza è che la denuncia sia solo il primo passo per una concreto cambio di mentalità: non può più essere accettato in nessun ambiente che le molestie sessuali siano una prassi, qualcosa che si deve accettare perché parte dell’iter lavorativo.

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