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Sponsor sulla maglietta

New Sport Side

Sponsor sulla maglietta  New Sport Side

Calcio e sponsor. Una storia lunga decenni che la scorsa settimana si è arricchita di un nuovo capitolo. Il PSV (acronimo che sta per Philips Sport Vereniging) ha annunciato la fine della sponsorship, almeno sulle divise, con l’azienda che di fatto ha fondato il club – sono stati proprio degli operai Philips a mettere in piedi quello che è uno dei più storici club olandesi – e lo ha fatto con una bella maglietta celebrativa realizzata da Umbro. La divisa ricorda quella indossata dal PSV nel 1982, anno in cui lo sponsor comparve sulle maglie, anche se la relazione va avanti dal 1913, anno di fondazione del club.

La notizia, per certi versi triste, ha fatto ritornare alla mente quanta importanza – almeno visiva – abbiano avuto gli sponsor sulle magliette da calcio e quanto ne abbiano, nel tempo, influenzato l’immaginario.

Secondo alcuni l’avvento degli sponsor sulle maglie da calcio è da far risalire addirittura agli anni ’50, quando il club uruguaiano del Penarol introdusse l’idea. Non ci sono però sicure fonti a riguardo. Più certa è invece la data della sponsorizzazione moderna, risalente al 1973, quando Gunter Mast (nipote del creatore della Jagermaister) ebbe la brillante idea di appore il logo dell’azienda di famiglia sulle maglie dell’Eintracht Braunschweig.

Gomme per l’Inter, auto per il Milan

Nell’immaginario della sponsorizzazione all’italiana forse la foto più emblematica è quella della campagna pubblicitaria della Pirelli che ritrae Ronaldo in posa Cristo Redentore di Rio. Tra la squadra per tanti anni della famiglia Moratti e l’azienda di Tronchetti Provera la relazione dura da più di vent’anni, con un rinnovo appena firmato. Ci sono state diverse varianti, come la traduzione in cinese o il logo Driver di quest’anno, e diverse colorazioni (bianca soprattutto, ma anche rossa e gialla - in quella maglia a strisce orizzontali che resta tra le più belle della storia del calcio), ma ad oggi è difficile immaginare un’Inter senza Pirelli.

L’altra squadra del capoluogo lombardo, il Milan, ha invece più volte cambiato sponsor sulla maglietta, ma tutti i contratti sono stati piuttosto duraturi. Dai tempi d’oro di Van Baster in Motta, alla Pooh Jeans, una delle prime sponsorizzazioni, arrivando fino alla moderna Fly Emirates. Negli anni ’90 però, a farla da padrona è stata la Opel, sempre presente sulla pancia dei rossoneri quando la società di Berlusconi diventava la “più titolata al Mondo”, con Kaka e Shevchenko e Andrea Pirlo.

Le altre notevoli eccezioni di un panorama italiano mai veramente sommerso dai miliardi delle sponsorship sono quelle rappresentate da due aziende italiane che per ragioni diverse hanno legato il loro nome a quello di cui storiche squadre. Dal 1987 al 2004 (l’anno del primo fallimento) il logo della Parmalat è stato sempre ben visibile sulle maglie del Parma, con il quale ha condiviso proprietario e fortune. Erano gli anni del grande Parma europeo di Crespo, Chiesa e Buffon ma anche (dopo) di Adriano e Mutu.

Viene ricordato non tanto per la durata ma per l’incredibile momento storico invece la sponsorship tra Napoli e Buitoni, con la fortuna di essere su quelle maglie proprio mentre passava per l’Italia il più grande calciatore della storia, Diego Armando Maradona.

Germania e aggregazione

Così come il Milan, anche il Bayern Monaco ha visto intrecciarsi per tanti anni successi e sponsorizzazioni particolarmente riuscite. Verso la fine degli anni ’80 infatti comincia la partnership tra la casa automobilistica tedesca e la più famosa squadra di Germania, durata fino al 2003, quando non venne rinnovato il contratto e (dopo) il Bayern venne investito dai miliardi della T-Mobile. Ma la riconoscibilità che la maglia del Bayern ha acquisito in tanti momenti memorabili (uno su tutte: la pazza finale del 1999 contro il Manchester United) si deve anche a quell’iconico (e molto stiloso) simbolo.

Forse nessuna squadra in Europa però può vantare la relazione quasi patriarcale tra Wolfsburg e Volkswagen. Il marchio automobilistico (protagonista lo scorso anno dello scandalo emissioni) è di fatti proprietario del team, e il suo logo non ha mai abbandonato la maglietta dei verdi, salvo particolari occasioni in cui si è spostato sulla manica.



Prepotenza inglese

Alla fine degli anni ’70, poco dopo l’esperimento Jagermaister, la lega inglese si trovò davanti al primo caso di sponsorizzazione di una piccola squadra Kettering Town, e decise di vietarla.
Qualche anno dopo però non si poteva più resistere alle sterline aziendali e i club inglesi cominciarono a diventare veri e propri colossi di merchandising, fino ad arrivare alla condizione attuale della Premier League come campionato più “cool” del mondo.

Tra le sponsorizzazioni più longeve della storia inglese c’è quella tra Reebok e Bolton. La compagnia fondata nel 1985 (e di cui abbiamo anche parlato qui) proprio a Bolton diventò subito parte integrante del team, che ha sponsorizzato anche sulle divise i Wanderers forse nel loro periodo più magico. Dalla Reebok è stato fondato anche lo stadio che due anni fa però è diventato il Macron Stadium, con la cessione dei diritti al brand italiano.

Se si pensa a Liverpool e sponsor, l’associazione più immediata è alla Carlsberg: la birra danese infatti ha siglato con il Liverpool il più lungo contratto di sponsorship della storia della Premier, ben 24 anni fino a quando nella scorsa stagione si è detto stop.

Un anno prima è terminata invece la relazione tra Chelsea e Samsung, che ha caratterizzato l’esponenziale crescita del club sotto Roman Abramovich, e la sua consacrazione a pilastro del calcio mondiale. La vittoria in Champions, l’era Mourinho, quella di Frank Lampard e Didier Drogba, sono tutte marchiate dalla compagnia telefonica coreana.

Dal 1982 fino al 200 invece ha segnare l’immaginario di milioni di tifosi cresciuti sotto il segno di Cantona e di David Beckham è stata la Sharp, che ha conosciuto un’espansione nel mercato europeo incredibile grazie alla visibilità ottenuta dal Man Utd di Sir Alex Ferguson.

Oggi invece la Premier assiste all’invasione dei petrodollari della Fly Emirates, tra le più lussuose compagnie aeree al mondo, con le mani su mezzo football mondiale. Dalla coppa delle confederazioni asiatiche, passando per lo stadio dell’Arsenal, fino ad arrivare alle multi-miliardarie (e chiacchierate) sponsorship di Real Madrid, PSG, Benfica e Milan.

Storia alla rovescia

107 e 37. Sono gli anni che hanno passato Barcellona e Goteborg rispettivamente senza e con uno (stesso) sponsor sulla maglia. La squadra svedese ha indossato il marchio del supermercato (nato nella stessa città) fin dalla sua fondazione, scatenando una vera e propria rivolta alla fine dell’accordo.
Il Barcellona invece, dopo esser stato per anni il simbolo della resistenza, ha ceduto prima alle lusinghe dell’Unicef (non percependo tuttavia alcun compenso) e poi a quelle della Qatar Foundation, deludendo il cuore di tanti tifosi. Magari ha consolato qualcuno sapere che con quei soldi son stati comprati Neymar e Suarez, che insieme a Leo Messi oggi mettono a ferro e fuoco l’Europa. Storia di soldi sì, ma anche di attaccamento e di icone.