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Tutta la bellezza dietro SEASON

Intervista con Felicia Pennant, editor-in-chief di SEASON

Tutta la bellezza dietro SEASON  Intervista con Felicia Pennant, editor-in-chief di SEASON

Il modo semplice di dirlo è che SEASON è il magazine ideale per chi ama il calcio, la moda e le cose ben realizzate. In realtà dietro SEASON c’è molto di più. C’è prima di tutto l’idea di Felicia Pennant, la sua fondatrice, che cercare di dare dignità ad un movimento che seppure in espansione continua a non godere della giusta attenzione. C’è il suo incredibile gusto estetico e la passione per un lavoro che sa essere entusiasmante. SEASON è arrivato alla sua seconda release, interamente realizzata in occasione degli Europei francesi e col tempo guadagna una identità sempre più chiara e formata. Nell’ultimo numero ad esempio, accanto alla splendida cornice grafica c’è un interessante pezzo che spiega il successo del brand Paris Saint Germain, un altro sulla collezione di Off-White e Umbro, e tante storie che aiutano a guardare al rapporto tra donne e calcio in una direzione ben più centrata. Abbiamo allora deciso di parlane con la stessa Felicia, che ci ha aiutato ad andare un po’ più a fondo nel mondo di SEASON.


Come e quando è nata l’idea di un magazine ibrido di calcio e fashion?

Durante il mio ultimo anno alla Central St Martins nel 2012/2013, quando ho consegnato la mia tesi intitolata "From Beckham to Balotelli: Shoots, suits and metrosexuality". Girava intorno allo stile “metrosexual” che alcuni calciatori hanno sempre adottato. Nella realizzazione poi sono venuta in contatto con un interessantissimo libro, "The Fashion of Football" di Paolo Hewitt e Mark Baxter che riportava lo stile di calciatori e fan e il loro coinvolgimento nel fashion dagli anni ’60 fino ai primi 2000. Decisi quindi di riprendere da dove il libro aveva lasciato e fare i conti col fatto che non c’erano donne al suo interno. Continuavo a conoscere ragazze come me appassionate di calcio e di moda e ho capito quindi che poteva esserci un audience per questa idea. 

Il calcio femminile sta diventando un fenomeno sempre più importante. Credi che l’integrazione di elementi calcistici nel fashion (pensiamo alle recenti comparse di Kendall Jenner e Gigi Hadid in maglia PSG) possa aiutare a spingere in questa direzione?

Forse sì, anche se penso che l’impatto maggiore potrà arrivare dal maggior supporto dei media mainstream e dai brand di calcio femminili, così come da una maggiore informazione e conoscenza del fenomeno. Le partite di calcio femminile sono a malapena mostrate in TV e, se lo sono, non ottengono la stessa pubblicità di quelle maschili. Durante Euro 2016 ho incontrato a Parigi la modella e giocatrice Marine Reed Brissonnet per un articolo su SEASON zine 2 e lei era della stessa idea. Calcio e moda vanno a braccetto perché i calciatori sono influencers che lanciano mode che i brand si affrettano a seguire per fare breccia nel cuore dell’enorme fanbase. Prendi ad esempio David Beckham e i suoi tagli di capelli ultracopiati, o le centinaia di editoriali e di campagna di cui ha fatto parte. O Cristiano Ronaldo, Freddie Ljungberg, Adriy Shevchenko, Kaka o Andy Carroll che è comparso nella campagna di Alexander Wang per H&M.

Nella descrizione del magazine c’è scritto «l’obiettivo di SEASON è quello di aprire un dialogo sul ruolo che calcio moderno e moda ricoprono ognuno nei confronti dell’altro». Quale dei due elementi credi possa essere più “d’aiuto” all’altro?

Forse “d’aiuto” è la parola sbagliata più che altro perché non credo che nessuno dei due abbia bisogno di aiuto, ma la connection genera sicuramente più pubblicità che è di solito un elemento positivo. Il coinvolgimento della moda nel calcio è sicuramente più documentato rispetto a quello del calcio nella moda ed è per questo che nasce SEASON. Ho intervistato Verity Parker, fashion editor di Vogue UK e fan del Brighton e lei ha saputo trovare le parole giuste per esprimere questo concetto, dicendomi che lavorare nella moda ed essere a contatto col calcio riesce a dare una ventata di freschezza a tutto il suo lavoro. È molto bello pensare ad altre cose oltre la moda e credo che le persone più interessanti in questo campo abbiano sempre moltre altre cose in ballo. Gli editor di moda fanno riferimento al calcio e alla sua cultura nei loro scatti e i fashion designer inseriscono elementi calcistici nelle loro collezioni. La collezione Cruise 17 di Louis Vuitton includeva deelle foto di Pelè e Stella Jean ha reinventato le magliette da calcio e le fasce da capitano per la sua collezione S/S 2017. Sul nostro account Instagram ci sono molti altri esempi.



In Italia di certo – ma credo anche in UK – i brand calcistici storici stanno rivivendo un momento fortemente vintage. Qual è l'aspetto più positivo di questo movimento?

La riscoperta dei grandi kit e dei grandi design del passato, senz’ombra di dubbio. Come il “bruised banana” dell’Arsenal nel 1991/93, la divisa della Germania nel 1990 di adidas, o quella inglese di Umbro del 1990/92. Il nostro primo numero conteneva un pezzo, “Why we’re not wearing ladies shirts”, che prendeva in considerazioni le varie motivazioni di questo fenomeno, e i recenti design di maglie sono decisamente parte del problema. Ci sono meno sperimentazioni in generale, con alcune eccezioni ovviamente, e una tendenza continua al profilo basso.


Ci sono tanti editoriali bellissimi nel vostro magazine, come li scegliete e gestite?


In ogni uscita ci sono 1 o 2 grossi editoriali sul tema generale scelto e ho la fortuna di lavorare con fantastici giovani stylist che gli danno vita. Rickardo Mattocjs-Maxwell e Fluer Ballanger eseguono i loro concept alla perfezione tenendo sempre a mente l’estetica di SEASON. Il resto delle foto sono commissionate all’esterno e poi ci pensa la nostra fantastica designer Natalie Doto a rendere tutto coeso.

 

Nelle prime due uscite di SEASON la cover è stata sempre realizzata con fotografie di ragazze di spalle. Sarà una costante per SEASON anche nelle future issue?

Assolutamente sì, faremo degli scatti di donne con le loro magliette da calcio preferite per ogni release. Un qualcosa di simile all’occhiolino di i-D magazine. Nella mia, nella nostra, visione, vuole rappresentare il fatto che le donne sono dentro il calcio e supportano la loro squadre allo stesso modo degli uomini. Dopo tutto, anche se in questi scatti ci sono solo donne, anche gli uomini potrebbero avere capelli lunghi e gioielli.


In che modo scegliete il topic per ogni numero?

Abbiamo già il topic per il prossimo e alcune novità davvero eccitanti in cantiere. Il tema per la issue numero 3 sarà LOVE, e documenterà i diversi modi in cui le donne dimostrano il loro amore per il calcio e come questo influenza il loro rapporto con loro stesse, con lo stile e le loro relazioni.



Qual è il tuo brand preferito, se ne hai uno…

Non ce l’ho, sinceramente, e anzi mi piace dare credito lì dove il credito è dovuto. Se guardiamo alle recenti divise da calcio: sono una tifosa del Chelsea e mi piace moltissimo il disegno del leone e il collo a V delle nuove maglie. Le maglie della Puma dell’Arsenal e quella da trasferta del Manchester non sono affatto male. Quanto agli Europei dello scorso anno, quella della Francia era sicuramente la migliore.


La cosa che mi ha lasciato più entusiasta di SEASON è stato il perfetto bilanciamento tra un layout fantastico, foto molto silose ma anche articoli molto interessanti. Ad esempio: il pezzo sul PSG style che in qualche modo ha surclassato quello del Manchester United era davvero bello. Come trovate il giusto equilibrio?

Tenendo bene a mente il tema e il nostro pubblico. Penso sempre a quali aspetti sono importanti e meritano di essere messi in evidenza. Ovviamente non possiamo coprire tutto in 72-74 pagine, ma tra me Natalie e tutti i contributor di SEASON cerchiamo di esprimere le nostre idee nella maniera più onesta, simpatica ed esteticamente piacevole possibile.

Se dovessi identificare il prossimo trend nella moda calcistica, quale sceglieresti?

Probabilmente il beauty dal punto di vista femminile. Tifare con il giusto makeup rendendoti più bella nello stesso momento.


Credi che ci sia ancora tanto lavoro da fare per l’equilibro di genere nel giornalismo, specialmente sportivo?

Se l’obiettivo è la completa parità di genere allora sì. Credo che un cambio nella visibilità e nell’impostazione mentale sia di uomini che di donne sia essenziale. Io non so se succede anche in Italia, ma a Londra pare ci siano più giornaliste di altro profilo che mai. Da Gaby Logan a Helen Chamberlain, Lynsey Hipgrave, Kelly ates e altre. Ho fatto giornalismo sportivo notando come le donne siano assolutamente sottonumero ma stanno lavorando duro per lasciare il segno. Tuttavia le storia di sessismo continuano a saltar fuori e lo sport non è la prima scelta per una donna che entra in questo mondo.