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Quando l'arte incontra il calcio, A.S. Velasca

Intervista alla "squadra più artistica al mondo"

Quando l'arte incontra il calcio, A.S. Velasca  Intervista alla squadra più artistica al mondo

"Prima o poi, Milano avrà un terzo in comodo". È la promessa dell'A.S. Velasca, la squadra di Milano che da qualche anno sta facendo parlare di se tutto il mondo. Li abbiamo intervistati per parlare di cosa vuol dire, nel 2017, portare avanti un progetto come il loro, che parla di sport in maniera pura e originaria. 

 

Ciao ragazzi, vi va di spiegare a nss sports cos’è l’A.S. Velasca?

La nostra società, come amiamo sottolineare da quando siamo nati, è tutto fuorchè una squadra di calcio. Poco tempo fa, un nostro tifoso collezionista si è divertito nel dichiarare che “non eravamo ne un club di calcio, ne un’opera d’arte ma tutto questo insieme”. In sintesi, il Velasca potrebbe essere considerato come un progetto a due dimensioni, una artistica e un’altra sportiva. Un progetto che cammina su due gambe, due aspetti sulla carta in antitesi ma che invece sono a stessa cosa anche se la dimensione sportiva si esprime più sul campo mentre quella artistica vive di estemporaneità e visioni che contribuiscono alla nostra identità visiva. Infine, il magazine These Football Times parla di noi come opera d’arte totale.

Qualcuno vi definisce la “Squadra più artistica del mondo”... Tesserati, allenatore, direttore sportivo. Questo ha tutta l’aria di essere un progetto che punta in grande. Dove vuole arrivare il Velasca?

Dove ci porteranno le nostre capacità, la nostra creatività, il nostro intuito, la nostra passione e anche il nostro genio. Abbiamo un’ambizione, forse folle, quella di riuscire a fare sport in modo disincantato ma organizzato, di creare senza limiti e calcoli; di arrivare al risultato facendo forse un giro largo ma con un percorso molto preciso, coerente e dettagliato anche nei particolari. L’ambizione non è presunzione; non pensiamo di poter migliorare nulla, cerchiamo solo di arrivare più in alto possibile cercando di scrivere una nostra propria narrazione.


Le squadre professionistiche cercano nei loro tesserati velocità, tecnica e fisico. Voi cosa cercate nei vostri giocatori?

In primis di capire “dove si trovano”; una volta compreso questo, il primo passo è già stato fatto; l’impegno, la voglia di sacrificarsi e di lottare per la squadra e per i compagni sono una logica conseguenza. Naturalmente non è trascurato l’aspetto tecnico/atletico e l’obiettivo è quello di poter avere nelle nostre fila giocatori con delle qualità morali importanti ma che possano fare la differenza anche in campo. E perché no riuscire con i nostri giocatori a portare sul campo da gioco una rivisitazione 2.0 del calcio totale degli anni ’70 di cui è stata precursore la grande Olanda di Crujiff. Un calcio totale per un opera d’arte totale.


Chi è che supera il provino per diventare un giocatore del Velasca?

Uno che “ha capito”. Che ha compreso il Velasca a 360°. Uno che sa modulare il nostro concetto di squadra e trasformare il “tutto fuorchè una squadra di calcio” in un “anche una squadra di calcio”. Adesso, dopo solo due anni, è troppo presto, ma in un futuro, non troppo lontano, vedremo chi sarà ancora dei nostri.


Siamo rimasti affascinati da una delle vostre divise, su cui appaiono i loghi di Nike e adidas combinati. Da dove è venuto fuori questo design?

Le nostre divise cambiano ogni stagione. La maglia diventa tela e così il nostro “main artist” stagionale può creare in totale libertà come tutti gli altri artisti che inventano il club. Per il nostro esordio nel mondo del pallone avevamo scelto l’artista francese Régis Sénèque. Aveva aperto le danze con il suo mattone forato, prima pietra della nostra torre. Quest’anno invece abbiamo chiesto a Zevs – famoso per i suoi liquidated logos – di prestarsi al gioco. In un certo senso, l’opera di Zevs presente sulle nostre maglie chiude il cerchio con la prima colata che fece nel 2005 a Berlino, il baffo della Nike (stampata sulla nostre tessere). Le maglie sono veri multpili da collezione (in serie limitata), delle opere nell’opera, una mise en abîme.



Il vostro bollettino di gennaio recita “Da Milano a Istanbul, da Berlino a Edimburgo, Amsterdam, Londra, Portland, Parigi, Copenhagen”. Come arrivano persone così diverse a conoscere e sostenere il Velasca?

Il tutto è probabilmente iniziato grazie ad un reportage che la FIFA ci ha voluto dedicare nel febbraio del 2016 ; questo reportage è stato poi ritrasmesso in 150 paesi e quindi la cassa di risonanza è stata davvero alta. Direi che molte cose sono partite da qui. Sono seguiti articoli su riviste e quotidiani internazionali. Questa stagione, abbiamo ricevuto moltissime visite daIl’estero forse anche perché il nostro progetto non si limita a Milano (o a chi ama il calcio); cerchiamo di superare le barriere e le frontiere. Nel nostro piccolo, siamo un club internazionale che tra l’altro ha la particolarità di avere due sedi (Parigi e Milano).


Il vostro sogno è quello di diventare un giorno la terza incomoda di Milano, dopo Inter e Milan. Una risposta a colpi d’ingegno ai soldoni dei cinesi?

Non credo che si tratti di una risposta, anche perché a ben vedere siamo arrivati prima noi che i cinesi. Scherzi a parte, parlerei più che altro, senza passare per un folle presuntuoso, di poter dare ai milanesi e non solo l’opportunità di poter ancora credere che lo sport che più amano può essere ancora fonte di divertimento e di passione allo stato puro.