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L'arrivo degli sponsor sulle NBA jersey

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Inevitabile. Ha usato questo aggettivo Adam Silver per annunciare la decisione presa dall’NBA di aggiungere una piccola sponsorizzazione sulle divise da gioco. Il corporate logo (abituatevi a questo nome) sarà grande 6,5 cm x 6,5 cm, e verrà apposto in alto a sinistra nelle jersey dalla stagione 2017/2018, la stessa in cui Nike ritornerà vestire tutti i team di NBA (e gira voce che la compagnia di Beaverton non abbia preso benissimo la notizia). L’NBA sarà la prima Lega tra quelle americane professionistiche a “sporcare” le sue divise con i loghi degli sponsor. Nel football, dove le sponsorizzazioni avvengono da tempo, la questione è relegata all’allenamento. Non è tuttavia la primissima volta che l’argomento viene affrontato, già in occasione dell’ultimo All Star Game canadese, non sono mancate le critiche per il (piccolo) logo Kia presente sulle maglie delle due squadre.

Abituati al calcio, dove le sponsorizzazioni sono diventate un fatto oramai di appartenenza (ne parlavamo settimana scorsa) o al basket e alla pallavolo italiana (dove ci sono più di uno sponsor sulla stessa maglia) da questa parte dell’Oceano potremmo non assecondare tutto il rumore. Che invece negli Stati Uniti esiste. Il principale motivo, l’ha ricordato anche Silver, della decisione è, più che economico, commerciale. Tutti gli sponsor che arriveranno in prima linea in NBA si impegneranno ovviamente a pubblicizzare la stessa lega, e in una generazione di viaggi in Europa e tornei nella Filippine il fattore è di primaria importanza. In più, ogni squadra vedrà piovere qualche soldino in più, non per forza una brutta idea.

Se i tifosi – e qualche commentatore – americano non hanno ancora digerito la novità (come d’altronde quella delle magliette a mezza manica), Internet è stata molto più ricettiva e in poche ore si è riempita di proposte semiserie circa i nomi di questi sponsor e gli abbinamenti con le varie franchigie. Su Twitter è diventato in poche ore di tendenza l’hashtag #NBAJerseyAds, con suggerimenti che arrivano da ogni parte del mondo.

 

Non saranno presenti compagnie dell’industria del sesso (quindi niente Pornhub, che pure si fa sempre più spazio nel mondo sportivo) né marchi di preservativi o “prodotti a rischio”, si legge nel comunicato. Sorprenderebbe molti invece non trovare uno dei marchi più famosi d’America a sponsorizzare uno dei giochi più famosi d’America. La McDonald's quindi potrebbe prendere in consegna l’idea  di giocare con il nome della franchigia di Denver: i Nuggets, per esportare uno dei loro più famosi prodotti sul parquet.

Non hanno tardato a far la loro comparsa i meme. Tra questi, in ambito NBA, il più famoso è sicuramente quello di Sad Michael (Jordan), prontamente cucito sia sulle divise sia dei Bulls, che dei suoi Hornets – che potrebbero, per altro, essere gli unici a vestire uno sponsor tecnico diverso: Jordan e non Nike. Gli Hornets sono stati anche le “vittime” di uno dei tanti joke circolati in rete. Quale sponsor migliore per i “calabroni” della Raid?

 

C’è chi non ha perso l’occasione per reclamare vendetta. I tifosi dei Seattle Super Sonics ad esempio, che a suon di hashtag #sonicsgate, hanno ironizzato sul trasferimento della loro franchigia a Oklahoma – da cui poi sono nati i Thunders di Durant e Westbrook – proponendo come sponsor per OKC il logo di Sonic, famosa catena di drive in americana.


I nomi delle franchigie di NBA d’altronde, ben si sposano ad eventuali giochi di parole. Ecco quindi che arrivano le proposte di una sponsorizzazione della nasa per gli Houston Rockets, o di Burger King (o Taco Bells) per i Sacramento Kings di Boogie Cousins.

L’immaginario della NBA può facilmente ricondurre a quello magico della Disney. Se quindi tra le squadre in cerca di sponsor ci sono anche gli Orlando Magic – e se Orlando, ad un ultimo controllo, è ancora la sede di Disneyworld – non può mancare un perfetto logo di Topolino sulle divise di Aaron Gordon e compagnia.  Altre notevoli idee sono quelle “musicali”, che vorrebbero abbinata Tidal, il servizio di streaming di Jay Z, con i Brooklyn Nets (la squadra che Jigga ha contribuito a rendere cool), e la Ovo Sound di Drake sulle divise dei Raptors di Toronto.



Già qualche anno fa, quando l’ipotesi delle sponsorizzazioni cominciava ad essere paventata per gli ambienti NBA, il magazine Bloomberg Business aveva provato a chiedere ai suoi esperti qualche previsione, a dimostrazione del fatto che il giochino non diverte solo gli utenti dei social. Emersero alcune accoppiate interessanti: alcune prettamente regionali, come Dunkin Donuts sulle maglie dei Boston Celtics, o Google su quelle dei Golden State Warriors, altre più scontate (Red Bull – Chicago Bulls) o legate a simboli d’eleganza (Mercedes Benz – LA Lakers).

Già, i Lakers. Protagonisti assoluti delle ultime settimane e non per questioni prettamente “di campo”. Dell’addio di Kobe abbiamo già detto, quello che però è saltato subito all’occhio, al momento del giochino degli sponsor, è stato il #russellgate, lo scandalo legato al video pubblicato da D’Angelo Russell. Immediata quindi la reazione di twitter, che ha pensato di far sponsorizzare i Lakers da Snapchat, per evitare che futuri video possano restare online più del dovuto.


Più particolare è la proposta di far sponsorizzare l’altra squadra di LA, i Clippers, dalla Apple. Perché? Perché il nuovo – da qualche tempo – proprietario dei Clippers, Steve Balmer, altri non è che un ex-amministratore delegato della Microsoft. Il conflitto sarebbe effettivamente comico.



Premio finale invece, come spesso accade quest’anno, per la linea stilista proposta da un fan per i Milwaukee Bucks. Seppur in una stagione fallimentare, il loro resta il restyling più bello della Lega, e la proposta di associare il loro logo a quello di Starbucks fa una certa scena.