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L'Italia è un paese per vecchi?

viaggio nel sistema dell'editoria italiana

L'Italia è un paese per vecchi? viaggio nel sistema dell'editoria italiana

Da qualche anno, il mercato della Moda sta cercando di ringiovanire – e con successo – le fila del suo esercito di soldati in ciabatte pelose. Basta vedere il frenetico cambio di direttori creativi alla guida delle maggiori Maison di moda, a favore di nomi più freschi e di tendenza. Ma questa è un'altra storia che forse, un giorno, vi racconterò. Quello che ci basta sapere è che la Moda sta ringiovanendo. 

Questo però non sembra accadere nell'editoria di settore. Anzi, mi correggo: questo non sembra accadere nell'editoria italiana di settore.

Non voglio essere una di quelle che “gli stranieri sono fighi, l'Italia fa schifo”, lungi da me simile atteggiamento, ma dobbiamo guardare la realtà e accettarla per come è: siamo vecchi.  

Non lo dico io, ma sono i fatti che lo dimostrano. Se ci limitiamo solo alle riviste di larga distribuzione nazionale, possiamo vedere che i maggiori direttori italiani non vanno sotto i quarantacinque anni, mentre in molte riviste straniere la soglia di età si abbassa notevolmente. 

Recentemente anche in Italia si sta provando a seguire la tendenza estera, con buoni risultati, ma purtroppo spesso limitati a collaborazioni esterne o stagisti, mentre i ruoli di spicco restano in mano all'élite over 45.

Perché? In primis, l'editoria italiana su larga scala soffre di una carenza di riviste dal taglio giovanile e con uno stile irriverente e, perché no, coraggioso. Difficile trovare nelle nostre edicole un i-D nostrano o un Dazed & Confused Made in Milan. A questo proposito, secondo me sono degni di nota magazine italiani come Muse e Flair, forse gli unici che possono vantare un linguaggio estetico e di contenuto internazionale.

Il secondo motivo è la lentezza dell'editoria italiana. I tempi della gavetta si allungano all'infinito e il ricambio generazionale è quasi un miraggio. I nomi già affermati mal volentieri cedono il posto alle nuove leve e ne consegue, secondo me, un'invecchiamento generale del giornalismo di moda in italia. 

Tuttavia, come tutte le favole a lieto fine ci insegnano, anche nella nostra editoria ci sono personaggi che combattono dal basso per affermare la propria voce, e la propria immagine, contro la vecchia strega che l'Italia sa essere. Magazine come Hunter Fashion Magazine, Alla Carta, Rivista Studio e AuRevoir Magazine sono solo alcuni ottimi esempi di un'editoria alternativa e, soprattutto, fresca che c'è, può e deve esserci in Italia.